Insicurezza e paura dominano il mondo e la politica; la speranza è nel riscoprire i rapporti umani

L’insicurezza, secondo Andreoli, esiste “dentro” e “fuori” dell’essere umano; lo studioso italiano si sofferma soprattutto sul secondo aspetto, sull’insicurezza esterna, sull’incertezza del futuro.
Ed è qui che lo psichiatra italiano, e noi concordiamo con lui, tira in ballo le responsabilità della politica. La politica, infatti, oggi viene gestita spaventando i cittadini e non più cercando di tenerli uniti. I rapporti umani diventano sempre più effimeri e labili; si è perso il senso dei legami stabili e profondi, sulla falsariga della superficialità delle reti sociali e delle amicizie virtuali.
La ‘res publica’, che naturalmente dovrebbe lavorare per tessere una rete tra le persone, diventa al contrario il campo ideale per lo scontro e la divisione, specchio di uno scontro quotidiano fondato sulla paura e rilanciato costantemente dal clima di odio sempre latente nei social network.
E’ per questo che si moltiplicano e affermano nel mondo leader politici più impegnati a distruggere che a tessere, a fomentare paure e divisioni: “La politica vive della paura degli uomini: i politici devono rompere per poter comandare”, dice Andreoli. E ancora: “Ci sono politici che devono difendere se stessi in Italia come all’estero e la prima cosa che fanno è spaventare, per allontanare il pensiero della gente dalle loro rogne”.
Difficile, a questo punto, ridare alla politica il suo vero senso. Difficile ma necessario; la politica secondo Platone dovrebbe essere la strada per conquistare la felicità collettiva mentre un grandissimo statista come Winston Churchill ci provocava dicendo che se è vero che la democrazia possa apparire come la peggiore forma di governo è altrettanto vero che finora non è stata trovata una forma migliore per governarci.
L’unica via d’uscita è ritrovare la politica, e prima ancora l’economia, del fare del bene ! La soddisfazione del per-donare, del dare qualcosa di sé. Ad essere combattuta, e possibilmente eliminata, è la cultura del nemico a favore della rivoluzione pacifica dentro ciascuno di noi. Freud diceva che noi abbiamo un “io attuale” e un “io ideale”: come sono e come vorrei essere. Oggi ad essere in crisi è questa seconda dimensione, perché non c’è speranza e non esiste una idea di futuro. I nostri rapporti sociali, in famiglia come nel lavoro, devono essere orientati a ridare a noi e agli altri questa speranza. Un dovere individuale prima ancora che sociale, della persona e non solo della politica. Per questo, intervistato da “Huffington Post”, Andreoli conclude con la speranza che sia l’uomo comune a salvarci da questa deriva individualista fondata sull’odio e la paura: “Se c’è speranza è nei NESSUNO. Io voglio essere un NESSUNO”.
Un paradosso: saranno i tanti “nessuno” a salvare l’umanità; un paradosso che nasconde una verità semplice e disarmante. Quando pensiamo di risolvere i nostri problemi affidandoci alla forza dell’uomo forte, dell’uomo solo al comando, stiamo semplicemente allontanando i problemi, o forse li stiamo esasperando e demonizzando. Ritroviamo invece i semplici gesti della responsabilità e dell’impegno personale, con umiltà e pazienza. E’ l’unica strada verso un mondo migliore.
