Biden-Trump: sfida all’ultimo voto

Biden-Trump: sfida all’ultimo voto
Biden-Trump: sfida all’ultimo voto

Pandemia, violenze razziali e una forte polarizzazione politica fanno da sfondo alle prossime elezioni

Il 2020, “annus horribilis”, si avvia alla conclusione con un evento al quale il mondo intero assisterà con un misto di attenzione e trepidazione: parliamo delle elezioni presidenziali americane, che vedranno il Presidente in carica, Donald Trump, sfidare il democratico Joe Biden. Le due grandi Convention di Milwaukee e Charlotte hanno consacrato, come da copione, le due candidature, dando il via di fatto alla campagna elettorale per l’elezione del prossimo Presidente degli Stati Uniti.

Diversi in tutto, Biden e Trump, sanno che anche questa volta le elezioni si decideranno molto probabilmente intorno ad un pugno di delegati di alcuni Stati in bilico tra i due candidati, e per questo puntano ad una strategia tutto sommato simile che mira alla conquista degli elettori indecisi e moderati. Joe Biden, a differenza di Donald Trump, aveva una nuova carta da giocare, ossia la scelta del vice presidente, e a quanto pare l’ha utilizzata bene scegliendo Kamala Harris; la senatrice della California punta a conquistare la maggiorparte dei consensi delle donne e degli afroamericani ma il suo passato da inflessibile Procuratrice dello Stato potrebbe tranquillizzare anche gli elettori più conservatori.

La coppia presidenziale Trump-Pence, dal canto suo, continua a radicalizzare la contrapposizione con i democratici accusandoli di essere il “cavallo di Troia” della sinistra radicale per trasformare gli USA in un Paese socialista. Un’accusa che Biden e i democratici respingono seccamente, imputando proprio a Trump la responsabilità di aver diviso ancora di più in questi anni una nazione già lacerata da conflitti di varia natura. Sullo sfondo, e non poteva essere altrimenti, la guerra al coronavirus; quando si voterà gli USA potrebbero aver raggiunto la drammatica cifra di duecentomila morti per Covid19 e le incertezze iniziali dell’amministrazione americana nell’affrontare questa emergenza potrebbero pesare anche sull’esito del voto del prossimo novembre.

Da qui la corsa al vaccino, che Trump vorrebbe portare in dote al Paese per concludere alla grande la sua campagna elettorale, recuperando in extremis lo svantaggio che lo vedrebbe ancora alle spalle del suo avversario. Una sfida ancora aperta, quindi, non priva di importanti ripercussioni sul piano internazionale. Se da un lato, infatti, la politica trumpiana dell’America first ha snobbato un poco i classici dossier internazionali che per anni avevano visto gli Stati Uniti come principale attore globale, dall’altro alcune questioni – prima tra tutte il duello con la Cina – subiranno conseguenze dirette a seconda dell’esito elettorale. Senza dimenticare, infine, l’influenza che l’elezione di Trump ebbe quattro anni fa sull’affermarsi in diversi Paesi di tendenze sovraniste e populiste, come la Lega di Salvini in Italia o il movimento del Presidente Bolsonaro in Brasile.

Curiosamente, e significativamente, poche settimane fa negli USA è stato arrestato per truffa e riciclaggio l’ideologo di questa “internazionale sovrano-populista”, il ‘guru’ di Trump Steve Bannon: un presagio della fine o l’inizio di una nuova guerra tra opposti schieramenti ? Un dato è certo e inconfutabile: con la vittoria di Trump si è progressivamente consolidata negli Stati Uniti e nel mondo una pericolosa tendenza alla polarizzazione dei conflitti e alla delegittimazione dell’avversario, entrambi fenomeni non funzionali al rafforzamento delle democrazie ma al loro progressivo indebolimento. In questo senso non ci sorprenderebbe se la vittoria di uno dei due contendenti venisse contestata dall’altro, soprattutto se il margine tra i due candidati non fosse sufficientemente ampio.

Se l’esito delle elezioni dovesse tradursi nell’esasperazione di queste divisioni e nel conseguente indebolimento della democrazia americana, nessuno di noi (indipendentemente dalle proprie convinzioni politiche) dovrebbe gioire. Per queste ragioni la speranza è che in quella che è considerata la più grande democrazia del mondo possano prevalere il buon senso e la tolleranza, nonostante i fatti di questi ultimi mesi ci dicano che violenze razziali e politiche continuino a moltiplicarsi esponenzialmente, spesso innescate dai gravissimi episodi che tutti abbiamo avuto modo di seguire sui mezzi di comunicazione di massa. Nonostante tutto gli Stati Uniti sono un grande Paese e il suo popolo saprà riscoprire i valori più autentici dell’american dream: coraggio, lavoro e parità di opportunità per tutti !

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