DEMOCRAZIA: LA MALEDIZIONE DEGLI ANNI VENTI ?

Una riflessione sulla democrazia e sulle sue debolezze…

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Gli ultimi dieci anni ci hanno lasciato in eredità democrazie deboli e in crisi, come cento anni fa…

Il decennio che ci ha lasciato poche settimane fa si porta dietro una coda amara e per certi versi inquietante: come un secolo fa, la democrazia sembra stanca e malata, non più in grado di rispondere da sola alle pressioni di società sempre più esigenti ma al tempo stesso sempre più chiuse in sé stesse.

La differenza è che, rispetto a cento anni fa, oggi nessuno dichiara o ipotizza un attacco frontale alla democrazia; le “democrature” (alle quali abbiamo già dedicato una riflessione su questa rubrica) puntano ‘semplicemente’ a svuotare la democrazia nella loro sostanza, mantenendola intatta nella forma.

Si moltiplicano così nel mondo leadership autoritarie con forte presa sull’opinione pubblica, anche grazie ai sottili e pericolosi meccanismi che permettono l’uso e la manipolazione delle reti sociali, nuove protagoniste della ‘comunicazione di massa 4.0’ che la decade passata ci ha lasciato in eredità.

I nuovi potenti tendono così a devitalizzare l’antico equilibrio tra i poteri (esecutivo, legislativo e giudiziario), delegittimando a seconda delle convenienze questo o quell’altro polo istituzionale; ciò ovviamente è stato reso possibile dalla fragilità e dalla progressiva perdita di credibilità dei tradizionali organi costituzionali, a partire da quello legislativo, incapaci di costruire e consolidare un rapporto forte e fecondo con la popolazione.

E mentre la crisi delle democrazie occidentali sembra accentuarsi, i fenomeni globali da fronteggiare crescono con altrettanta forza e intensità: la crisi economica e finanziaria, il terrorismo internazionale, le migrazioni di massa. Tutti problemi che avrebbero bisogno di una ‘governance’ mondiale forte e credibile, quando invece assistiamo al progressivo indebolimento dei principali poteri e organismi internazionali. Dove sono le Nazioni Unite rispetto alle crescenti minacce di guerra e allo strapotere di potenze sempre più dominate dal sovranismo e sempre meno dai valori della solidarietà internazionale ? E perché negli ultimi anni l’Unione Europea, forse il più bell’esempio di cooperazione politica ed economica dello scorso secolo, è stata sottoposta ad un vero e proprio attacco concentrico (tanto da alcuni Paesi membri che da potenze esterne)? E che dire dell’America Latina, dove nessuno dei tanti processi di integrazione sembra avere successo e le profonde ingiustizie sociali sono tornate a crescere in forma esponenziale ?

Di fronte a scenari come questi, l’uomo della strada si sente sempre più solo e impotente e scarica sulla democrazia le colpe della politica; il “forgotten man” non riesce a capire che se le democrazie oggi non funzionano come dovrebbero o se non arrivano dalle istituzioni le risposte che da anni attende è perché siamo divenuti una moltitudine di individualità: non siamo più un popolo ! E non può esistere democrazia senza popolo, senza comunità, senza società civile. E’ proprio in questo strabismo, tra una democrazia che non funziona e un comune sentire che non esiste più, che si gioca forse il futuro dei nostri Paesi, del mondo, dei nostri figli.

Ad ognuno di noi, quindi, il diritto-dovere di rimboccarsi le mani e fare qualcosa; non è sufficiente demonizzare la politica e i politici, come non è nemmeno utile trasformare la competizione politica in una sterile sfida tra tifoserie rivali. L’impegno politico – alla base di ogni sistema democratico – è fatto di piccole e grandi attitudini, di gesti quotidiani che partono dalla famiglia e dalla scuola, prime cellule vitali di ogni società. Non dimentichiamolo mai; siamo tutti responsabili perché la democrazia è il potere del popolo, e il popolo siamo noi ! Sarà questa la sfida del decennio che è appena iniziato.

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