Da tempo, la politica di intervento per gli italiani all’estero è considerata, non senza ragione, la cenerentola delle politiche messe in campo dai nostri governi. Per la verità, non ci aspettavamo che la metafora della cenerentola si estendesse anche alla spending review. Nata nelle aule parlamentari come una parola magica, allo scadere della mezzanotte sta riassumendo le gli abiti dimessi e le patacche della sua quotidiana condizione, come accadeva alla leggiadra e sventurata fanciulla dei fratelli Grimm.
Quando in Parlamento si è deciso il superamento dei tagli lineari della spesa pubblica e proclamata l’esigenza di una revisione mirata della spesa, allo scopo di evitare inutili sprechi e spostare risorse su progetti strategici, abbiamo pensato che finalmente si sarebbe aperto un nuovo orizzonte per gli italiani all’estero. Invece, la relazione della commissione di studio sulla spending review nell’ambito del MAE e, ancora di più, la prassi adottata dal Governo hanno concorso a fare suonare sulle politiche emigratorie i rintocchi della mezzanotte.
Per la verità, nella relazione della commissione qualche notazione di buon senso non manca. Cose magari già dette, ma è certamente utile sottolineare che la percentuale di risorse destinate in Italia alla politica estera (0,10%) nel confronto con i nostri partner europei è semplicemente raggelante e che la diminuzione di 1500 unità di personale dal 2007 al 2012 inciderà irrimediabilmente sull’estensione e sull’efficienza della rete diplomatico-consolare.
Tanto più che la rete estera, che nel 2011 ha incassato di diritti per i servizi erogati 110 milioni, a fronte di una spesa di 62 milioni, esclusi i costi del personale, con la diminuzione di addetti si avvia a diventare attiva, una fonte di guadagno per lo Stato e non un costo. Il problema è che questi soldi non sono utilizzati per gli italiani all’estero, ma ricadono nel calderone. Insomma, quando si taglia vengono in primo piano le politiche per gli italiani all’estero, quando si ricava gli italiani all’estero scompaiono.
A questo risultato può contribuire seriamente un indirizzo affermato con chiarezza nel documento, quello di fare sempre più ricorso al meno costoso personale a contratto assunto in loco per i servizi consolari, per la promozione fatta dai nostri istituti di cultura, per i corsi di lingua. Un obiettivo da perseguire con decisione e la necessaria gradualità, aggiungiamo noi, evitando gli opposti oltranzismi di chi dice tutto subito, pur sapendo che non è concretamente possibile, e di chi dice domani domani sottintendendo mai. Ci piacerebbe che almeno si fissassero i tempi entro i quali raggiungere la percentuale di impiego di personale a contratto di altri paesi europei, che va dal 60 all’80% del totale, a fronte del nostro 46%.
Ciò nonostante, i rintocchi di mezzanotte purtroppo si fanno sentire, anticipati da un lugubre annuncio; “i tagli alla spesa pubblica proseguiranno”. Questo varrà anche per gli interventi per gli italiani all’estero, che finora hanno subito i tagli più pesanti?
La stessa commissione, in nome di una ricollocazione geopolitica della rete, auspica, poi, ulteriori chiusure di consolati nelle aree più dotate, come l’Europa, evocando improbabili “consolati digitali” (chi li ha visti?) e strutture surrogatorie di servizio (chi le ha viste?). Nulla si dice, inoltre, sull’esigenza di una forte immissione di formazione professionale se si vuole limitare l’invio dall’Italia di personale specializzato per i servizi amministrativi e culturali, allargando i margini di utilizzazione di personale locale.
E’ affacciata in modo molto timido, infine, l’ipotesi di un intervento di ristrutturazione dell’ISE, vale a dire delle indennità certamente non di poco conto attribuite al personale che presta servizio all’estero, da considerare invece con maggiore attenzione e coraggio, visto che la parte del bilancio del MAE suscettibile di ulteriori interventi di contenimento si aggira ormai intorno al 16%.
Insomma, l’immagine che si delinea dell’Italia nel mondo è quella di un paese sempre più piccolo, schiacciato dai suoi problemi di finanza pubblica e rassegnato ad una collocazione anonima nel concerto internazionale. E questo non tanto per le parole scritte dalla commissione sulla spending review, quanto per la pratica di governo che si sta purtroppo consolidando. La magica spending review sta diventando ogni giorno di più un sofisticato modo di continuare la politica dei tagli e uno strumento di cassa. Si risparmia ormai anche sulla democrazia, come dimostra il recente rinvio del rinnovo dei COMITES e del CGIE:
Se si paragona la pratica ministeriale della spending review con gli obiettivi indicati dalla commissione si ha una rappresentazione esemplare di schizofrenia politica e istituzionale.
Da un lato si predica un’Italia dinamica e prestigiosa, dall’altro si distruggono i presupposti perché questo possa avvenire realmente. Detto sinceramente, non abbiamo atteso con speranza la nascita di un nuovo governo per vedere Cenerentola condannata ancora ai lavori di casa.
Deputati Pd estero: Bucchino, Farina, Fedi, Garavini, Narducci, Porta