La fiducia che abbiamo rinnovato al Governo Letta è stata tanto convinta per le ragioni obiettive che ne sono alla base quanto sofferta per il clima di tensione e polemiche nel quale essa si è concretizzata.
La stabilità istituzionali, di fronte ad una crisi così acuta, è di per sé una condizione di ripresa, una condizione necessaria anche se non sufficiente. Il primo esempio, come ha detto lo stesso Letta, viene dalla diminuzione dell’enorme onere che ogni anno il nostro Paese deve distogliere dagli investimenti sociali e produttivi per pagare gli interessi sul debito. Ma la governabilità non basta. Restare fermi significherebbe sprofondare. E’ necessario, è urgente cambiare. Governare oggi significa affrontare le tre grandi emergenze dell’Italia: la crisi della coesione sociale, di cui il drammatico livello di disoccupazione è la manifestazione più acuta; la crisi dell’economia e la perdita di tessuto e soggetti produttivi; la crisi del sistema politico e della credibilità democratica delle istituzioni. Senza contare il vuoto che si è creato dopo la dichiarazione di incostituzionalità di parti essenziali della legge elettorale, sopravvissuta per anni oltre la decenza nonostante le ipocrite dichiarazioni di volerla cambiare di quasi tutte le parti politiche.
Nel patto di governo che il Presidente Letta ha proposto alla nuova e più coesa maggioranza vi sono per ognuna di queste emergenze proposte concrete, naturalmente compatibili con lo stato delle nostre finanze e con i vincoli che ci vengono dall’Europa. Poiché la vita del Governo è legata alle cose che saprà fare, non a quelle che dice di voler fare, è bene dire che sarà un percorso difficile, non per mancanza di lealtà e determinazione delle forze che compongono la maggioranza, ma per i pochi margini di manovra che vi sono sul piano degli investimenti che dovrebbero essere finalizzati alla ripresa. In compenso, vi è una forte richiesta di riforme, che non può essere più differita. Qui né il Governo né la maggioranza che lo sostiene possono avere più alibi.
La tensione politica, dentro e fuori il Parlamento, ha raggiunto toni altissimi. Chi parla di totale delegittimazione delle attuali figure istituzionali, per calcoli personali, elettoralistici e per frenesia populistica delegittima ogni giorno, ogni momento la democrazia rappresentativa e la Costituzione. Mentre la tensione sociale cresce, per scoperti calcoli di parte si scherza col fuoco, strumentalizzando in modo meschino e irresponsabile le ragioni di vera sofferenza di coloro che stanno pagando alla crisi il prezzo più alto. L’appello alle forze dell’ordine a non ostacolare l’azione violenta di minoranze destabilizzanti, oltre a dare la misura politica e morale di chi lo fa, evoca inquietanti immagini di un passato che ha prodotto rovine e lutti.
Nell’azione riformatrice del secondo Governo Letta, lo spazio riservato agli italiani all’estero è tutto da disegnare. La rotta è giusta, ma le verifiche e le valutazioni finali si faranno sulle scelte concrete e sulle azioni di governo. Noi faremo la nostra parte perché verso gli italiani all’estero, pur con la restrizione di risorse che da tempo esiste, vi siano maggiore attenzione e rispetto. Lo faremo senza preoccupazioni di parte, comunque certi di rappresentare una parte viva e importante delle nostre comunità, come la prova democratica delle primarie anche all’estero ha dimostrato.
Gianni Farina, Marco Fedi, Laura Garavini, Francesca La Marca, Fabio Porta