Lo straordinario risultato che il Pd ha ottenuto sotto la guida di Matteo Renzi rappresenta un punto di svolta non solo per un partito e per uno schieramento, ma anche per il Paese. Il successo, infatti, è così netto che rafforza la solidità del governo, ne rilancia l’impegno riformatore, al quale Renzi continua a legare la prosecuzione della legislatura, spazza le accuse di una mancata legittimazione popolare del Presidente del Consiglio. Agli occhi dell’opinione pubblica internazionale e dei mercati finanziari l’Italia è da oggi un Paese più stabile e più credibile e questa diversa immagine sicuramente gioverà ai nostri interessi nazionali in una fase di crisi così prolungata e acuta.
In elezioni come quelle europee, nelle quali l’Unione è stata messa dappertutto sul banco degli accusati come responsabile della stagnazione economica e delle sofferenze sociali, ad iniziare dalla disoccupazione, il fatto di essere riusciti a far comprendere la sostanziale differenza tra la necessità dell’appartenenza comunitaria e l’urgenza di “cambiare verso” ad alcune politiche europee rappresenta un messaggio importante e apprezzato a livello internazionale. In più, il PD diventa la componente più consistente della grande famiglia dei socialisti europei proprio alla vigilia del semestre italiano, il che dà a Renzi un’autorevolezza e un potere di guida che ci auguriamo concorrano a determinare un cambio di indirizzo e di passo dell’intera Unione.
Per tornare alle vicende di casa nostra, la vittoria del PD è riuscita a contenere e a ridimensionare l’inquietante aggressività di Grillo e del suo movimento, impegnati da qualche anno in un’opera di delegittimazione delle istituzioni democratiche tanto assidua quanto inquietante. La sconfitta che hanno subito contribuisce certamente a rasserenare e consolidare il clima democratico in un momento così difficile e probabilmente rappresenta uno stop non di poco conto ad un’antipolitica sfrenata che non si ferma nemmeno di fronte alle evocazioni delle tragedie più immani del Novecento.
Il PD – e questo è un dato per noi non meno importante – è anche il primo partito all’estero, nonostante che gran parte dei suoi elettori e dei suoi dirigenti abbia fatto la scelta di votare le liste dei partiti socialisti locali. Con il suo 40% circa prende più del doppio del secondo partito, il Movimento 5Stelle, e 36 (sì, trentasei!) punti in più della lista di Io Cambio-MAIE che si era presentata come la lista degli italiani all’estero. Per il MAIE, alla prima prova seria dopo l’inopinato passaggio all’opposizione, la risposta dell’elettorato dovrebbe essere chiara inequivocabile, tale da indurlo ad un approccio più realistico e responsabile con la politica italiana.
La nostra soddisfazione è grande, ma nello stesso tempo non ci fa ignorare le responsabilità che il voto ci consegna. Ora non ci sono più alibi per nessuno: è necessario governare con determinazione, fare le riforme, cambiare l’Italia, rendere più aperte e socialmente sensibili le politiche europee. Il cammino era e resta arduo, ma il voto, come ha detto Renzi, è un investimento di speranza che induce alla fiducia.
Gianni Farina, Marco Fedi, Laura Garavini, Francesca La Marca, Fabio Porta