ROMA, 16 MARZO 2016
Non passa giorno che Tito Boeri Presidente dell’Inps non parli della necessità di riformare il sistema pensionistico italiano. Suo cavallo di battaglia è la flessibilità dell’età pensionabile che consentirebbe l’uscita anticipata dal mondo del lavoro con l’effetto di assunzioni di giovani e soprattutto con una riduzione degli importi pensionistici.
Le pensioni italiane, ha più volte detto Boeri, sono ancora troppo alte ed ingiustificate rispetto ai contributi versati (e probabilmente non ha tutti i torti).
Ovviamente Boeri si è guardato (o dimenticato) dall’accennare al quasi milione di pensioni italiane erogate in convenzione internazionale, di cui quasi 500.000 pagate all’estero. E della miseria degli importi della maggior parte di queste ultime pensioni, rispetto alle prestazioni pagate in Italia. Una media, quella degli importi delle pensioni pagate all’estero che si aggira intorno ai 200 euro mensili ma con decine di migliaia di pensioni di importi irrisori e in molti casi pari a poche decine di euro.
Una situazione dovuta ad una ridotta anzianità contributiva accreditata in Italia e ad un meccanismo inadeguato di rivalutazione dei contributi versati in tempi remoti. Nonostante ciò abbiamo dovuto apprendere con nostra somma sorpresa e turbamento che il rischio di una futura manovra penalizzante per i pensionati residenti all’estero è reale. Infatti se verrà dato seguito alle raccomandazioni contenute nel ddl delega sulla povertà recentemente approvato dal Consiglio dei ministri, dove si suggerisce di “razionalizzare” (che in gergo politico significa ridurre) le prestazioni assistenziali e previdenziali erogate dall’Inps all’estero, le pensioni già misere verrebbero praticamente azzerate. In realtà chi conosce la materia della sicurezza sociale in regime internazionale sa che più che di una razionalizzazione ci sarebbe bisogno di una articolata riforma dell’attuale sistema di tutela socio-previdenziale che regola i diritti pensionistici dei nostri emigranti.
Una riforma che razionalizzi per davvero la disarticolata congerie di leggi, di norme, di regolamenti, di pronunce giurisprudenziali, di convenzioni bilaterali e multilaterali, che si sono succeduti negli anni nell’ambito del sistema di tutela dei lavoratori migranti. Una riforma che introduca garanzie, giustizia, certezze e soprattutto importi dignitosi e aggiornati al costo della vita nei vari Paesi.
Noi abbiamo cercato di dare un importante contributo alla realizzazione di questa necessaria riforma, con le nostre proposte di legge, le nostre mozioni e le nostre interrogazioni che vorremmo ora organizzare, con il sostegno e l’esperienza del Comitato degli italiani nel mondo della Camera, in un provvedimento quadro da sottoporre alla valutazione del Governo e del Parlamento e verificare se nella riforma generale proposta dal Presidente dell’Inps Tito Boeri possa avere dignità anche una organica revisione delle regole che disciplinano diritti e doveri previdenziali dei lavoratori migranti, considerato che tale riforma rappresenterebbe uno strumento utile di tutela anche per le migliaia di giovani che hanno iniziato ad emigrare di nuovo e che rivendicano diritti, regole certe, amministrazioni efficienti e competenti.
La riforma delle norme nazionali ed internazionali dovrebbe riguardare, tra l’altro, il metodo di calcolo delle pensioni, un minimale mensile più equo, una chiara definizione delle prestazioni esportabili, il campo di applicazione oggettivo e soggettivo delle convenzioni (rischi e soggetti assicurati), la regolamentazione e la tutela dei diritti fiscali e sanitari, l’introduzione di forme di solidarietà previdenziali, la sanatoria degli indebiti non dolosi, verifiche reddituali e dell’esistenza in vita agevoli e tempestive, il potenziamento delle strutture dell’Inps e del Ministero del Lavoro per l’estero, la valorizzazione dei patronati.
Su queste questioni dovremo avere, quando sarà il momento, la determinazione di sfidare il Governo e costringerlo ad assumersi le proprie responsabilità.