Quando si vive all’estero, non basta essere cittadini per vedersi riconoscere i propri diritti, ad iniziare da quel fondamentale diritto di cittadinanza che è il voto.
Ad ogni tornata elettorale riparte il tormentone, salvo spegnersi poi nel giro di qualche settimana. Dispiace, tuttavia, quando a parteciparvi sia un conoscitore attento di situazioni internazionali come Sergio Romano.
Chi ha conservato la cittadinanza o l’ha recuperata, ha dimostrato nella stragrande maggioranza dei casi, un interesse particolare e peculiare per l’Italia. Sergio Romano sa che, in linea di principio, un diritto acquisito è molto difficile che possa essere rimesso in discussione. Tanto più che espropriare un cittadino del diritto di voto cozza contro il principio di eguaglianza di tutti i cittadini, garantito dalla Costituzione.
Ma poi, se l’AIRE è ancora carente, perché incolparne gli italiani all’estero? I compiti amministrativi non sono dello Stato italiano? E non sarebbe più onesto dire che questo Stato è da migliorare profondamente, magari facendo tesoro dell’esperienza che tanti italiani hanno fatto in luoghi diversi?
Il problema posto da Sergio Romano è un problema d’organizzazione e in Parlamento giacciono alcune proposte di revisione della legge 459/2001, tra cui quella firmata dai capigruppo di Camera e Senato del Partito Democratico. Non occorre mettere in discussione la Circoscrizione Estero, votata dal 90% del Parlamento italiano per realizzare l’effettività del voto dei cittadini all’estero. Se è una nefandezza tanto deprecabile, ci si chiede perché alcuni Stati europei la stanno studiando per replicarla?
Quanto alla produttività dei parlamentari all’estero, vi è da domandarsi perché Sergio Romano non controlli gli studi sulla presenza e sulla produttività dei parlamentari – di tutti i parlamentari – prima di emettere sentenze tanto sommarie quanto errate.
Gino Bucchino, Gianni Farina, Marco Fedi, Laura Garavini, Franco Narducci, Fabio Porta – Deputati del Partito Democratico eletti all’estero