L’emigrazione, parte viva dell’Unità italiana

Un commento dell’On. Porta sul dibattito in corso su “emigrazione a scuola” e “150 anni di unità d’Italia”

Roma, 15 settembre 2009

Sarebbe una strana e discutibile ricorrenza quella del 150° anniversario dell’Unità d’Italia se nelle manifestazioni programmate l’esperienza dell’emigrazione italiana fosse ignorata o considerata in modo residuale. L’emigrazione è il solco più profondo che ha segnato la società italiana e, nello stesso tempo, uno dei fattori più concreti della proiezione del Paese nel mondo, sicché non si capirebbe l’Italia moderna se non si tenesse conto dell’incidenza che le migrazioni hanno avuto e continuano ad avere.

Bene ha fatto, dunque, il Sottosegretario Mantica a richiamare l’attenzione sull’esigenza di un’adeguata considerazione su questo aspetto della storia nazionale, anche se avremmo preferito che una proposta in tal senso fosse stata fatta dal Consiglio dei ministri in quanto tale e non dal titolare di una delega specifica, costretto – come si usa dire – a metterci una pezza.

Nel merito delle proposte, che il Sottosegretario ha preferito affidare al giornale del suo partito anziché discuterne in una sede istituzionale più adatta, vorrei tentare di fare qualche considerazione.

E’ vero, intanto, che dopo il martellante imbonimento risorgimentale fatto nella scuola italiana fino all’altro ieri o addirittura a ieri, il vento ora sembra repentinamente cambiato: la nostalgia degli stati preunitari s’incrocia con le evocazioni postunitarie e sembra crescere di giorno in giorno. Speriamo, però, che non si parli a nuora perché suocera intenda. I nostalgici preunitari e gli architetti postunitari sono quasi tutti in aree politiche e culturali molto vicine a Mantica e all’attuale maggioranza, sicché forse sarebbe preferibile aprire apertamente un confronto storico ideale serio, piuttosto che affidarsi ad un libro di testo sull’Unità italiana, da fare adottare “obbligatoriamente” nelle scuole, con buona pace dell’autonomia scolastica sancita dalla legge.

E’altrettanto vero, inoltre, che nella scuola italiana si parla poco e male di emigrazione. Ma sinceramente mi appare bizzarra la soluzione di fare un concorso sull’emigrazione nelle scuole italiane all’estero. Il Sottosegretario sa quante sono le scuole italiane all’estero? O forse voleva fare riferimento alle sedi dove si insegnano lingua e cultura italiana? In ogni caso, non sarebbe preferibile rafforzare all’estero la conoscenza della nostra storia nazionale e in Italia la consapevolezza di quello che gli italiani sono riusciti a fare nel mondo?

Se è giusta questa linea di marcia, allora mi permetto di ricordare che da molti mesi giace in Parlamento, senza che il governo dia segni di interesse, una proposta di legge presentata da me e da un’altra trentina di deputati di ogni schieramento politico, nella quale si propone di includere nei progetti nazionali di formazione lo studio in chiave multidisciplinare dell’emigrazione italiana, inquadrata nel grande contesto delle migrazioni contemporanee. La proposta s’inserisce nel meccanismo dell’autonomia riservata dalla legge ai singoli istituti di formazione e comporta impegni finanziari molto ridotti, del tutto compatibili con i tempi.

Anziché proiettare la ricorrenza del 150° anniversario dell’Unità in una dimensione puramente celebrativa, non sarebbe il caso di porre qualche premessa seria e concreta perché quell’unità che allora fu di pochi possa diventare veramente di tutti, sia di quelli che rischiano di non intercettarla lungo il cammino della loro formazione sia di quelli che si sono dovuti fare cittadini di altri Paesi e protagonisti anche di altre storie?

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