Caro Direttore,
Il tuo editoriale del 30 maggio, nel quale rivendichi la piena autonomia editoriale e imprenditoriale de «La Voce» nei confronti di possibili condizionamenti da parte di autorità istituzionali, tocca questioni così delicate che sento il dovere di intervenire sulle questioni richiamate. Lo faccio da cittadino, prima ancora che da deputato eletto nella Ripartizione America Meridionale, perché quando si toccano aspetti di autonomia e di libertà dell’informazione è giusto che in ognuno di noi si alzi immediatamente il livello di attenzione e di allarme, a prescindere dagli incarichi che si ricoprono.
Prima di esprimere, comunque, una valutazione di merito, consentimi di manifestare una duplice sorpresa. Per prima cosa voglio confessarti il mio disagio nel constatare che in un momento di così grave difficoltà del nostro paese, qualcuno, magari in buona fede, pensi di dover fare le pulci ai pochi strumenti di informazione italiani nel mondo, anziché aiutare questi canali a dispiegare con sempre maggiore energia ed efficacia la loro capacità di promozione e di collegamento con le nostre comunità all’estero. Tanto più se si tratti di comunità importanti e attive come quella venezuelana. Siamo in un momento in cui raccordarsi con la nostra rete di presenze nel mondo potrebbe dare all’economia italiana e a chi cerca inutilmente lavoro in patria le opportunità che il paese per qualche tempo non sembra in grado di offrire e questa possibilità passa anche, e forse soprattutto, attraverso l’informazione e la comunicazione.
L’altro motivo di sorpresa è che questa “pressante”, e forse invadente, presenza si eserciti verso un giornale come «La Voce» che nell’indipendenza editoriale trova la sua origine, la sua identità storica e la sua ragion d’essere. L’autonomia e la libertà di giudizio non sono caratteristiche qualsiasi del tuo giornale, sono «La Voce». Chi stenta a capire questo, stenta a capire Caracas, il Venezuela, l’America Latina.
Detto questo, per evitare equivoci, voglio subito aggiungere che nemmeno per il giornale fondato da Gaetano Bafile vi possono essere rendite di posizione. Non è in discussione, dunque, il diritto-dovere dei rappresentanti dello Stato italiano di esercitare i controlli di carattere amministrativo che le leggi e i regolamenti richiedono in relazione alle forme (purtroppo inadeguate e ritardate) di sostegno alla stampa italiana. Ma si deve trattare di controlli amministrativi, non di “consigli” o di censure sulla scelta degli argomenti da trattare e sul modo come presentarli ai lettori. Queste sono prerogative che spettano unicamente a chi ha la responsabilità della linea editoriale del giornale e agli operatori, non ad altri. Meno che mai ai rappresentanti delle istituzioni che, a loro volta, debbono essere non “consiglieri”, ma elementi dell’informazione che si dà alla comunità. Chi conduce e scrive un giornale non ha altri limiti che quelli della deontologia professionale e delle leggi che tutelano la libertà d’informazione e la privacy dei cittadini.
Mi auguro vivamente, dunque, che ognuno rientri nel suo campo di responsabilità e d’azione, con serenità e con spirito costruttivo. L’Italia in questo momento ha bisogno di armonia e di energia, e queste cose possono venire solo dal rispetto reciproco e dalla collaborazione tra tutti quelli che hanno delicate responsabilità.
Con la consueta stima ed amicizia.
On. Fabio Porta