L’odissea dell’elezione e l’impegno per la collettività italiana che vive in America Latina. Intervista al Senatore Fabio Porta

Questa domenica per “Le Grandi Interviste” ho avuto il piacere d’intervistare il Senatore Fabio Porta. Proclamato da pochi giorni Senatore della Repubblica dopo una lunga battaglia che ha inequivocabilmente dimostrato che nelle elezioni per il collegio estero (America Latina) ci furono brogli che impedirono la sua elezione al Senato.
Buona lettura!

Come si sente ora? Ci può raccontare questa odissea?

Il mio sentimento è ambivalente: da un lato il rammarico per i quasi quattro anni perduti, soprattutto pensando alla grande collettività degli italiani del Sudamerica che avevano riposto in me tante aspettative anche alla luce del grande lavoro svolto nei miei due mandati da deputato; dall’altro, e oggi è il sentimento prevalente, l’orgoglio e la soddisfazione per un risultato che dimostra che non bisogna mai desistere dalle battaglie fatte in nome della giustizia e delle legalità.  Si è trattato di una vera e propria “odissea”, iniziata già nel corso dello scrutinio della circoscrizione estero a Castelnuovo di Porto; ci accorgemmo subito dell’anomala concentrazione di migliaia di voti in alcune sezioni di Buenos Aires: tutti espressi dalle stesse mani a favore di un unico partito e di due unici candidati alla Camera e al Senato. Il PD presentò un esposto alla Corte d’Appello a scrutinio ancora aperto. Non ci siamo fermati lì e depositammo un ricorso presso la Giunta per le elezioni del Senato nonché un esposto alla Procura della Repubblica di Roma. Dopo quasi due anni, anche grazie all’avvio delle indagini da parte della Procura, il Senato istituì un apposito comitato che dopo avere acquisito le schede elettorali di 8 sezioni di Buenos Aires (sulle 32 da noi indicate dal ricorso) ha ritenuto pienamente plausibili i contenuti della mia denuncia, rimandando alle perizie grafologiche della Procura la conferma dell’esistenza del reato elettorale.  A sua volta, infatti, la Procura aveva provveduto al sequestro di ulteriori 5 sezioni arrivando alla conclusione perentoria che la quasi totalità di quei voti erano stati manipolati (cioè votati dalle stesse mani e non dai legittimi elettori). Questi elementi hanno poi portato all’approvazione all’unanimità da parte della Giunta della richiesta di contestazione dell’elezione del Senatore Cario (USEI poi passato al MAIE). Quando che tutto andasse verso una decisione inequivocabile un primo colpo di scena: la Giunta, contrariando il voto sulla contestazione, “salva” Cario con una inspiegabile e poco fondata decisione a maggioranza. A quel punto l’ultima parola è passata all’aula del Senato che nella seduta del 2 dicembre scorso ha dichiarato finalmente decaduto il Senatore accogliendo la tesi del relatore che sosteneva l’esistenza di almeno diecimila voti da annullare.  Abbiamo però dovuto aspettare un altro mese e mezzo, dopo un ulteriore voto in Giunta che confermava che ero io il legittimo senatore eletto, perché la Presidente del Senato procedesse alla proclamazione ufficiale in aula. Un’odissea finita bene, che spero serva da deterrente in vista delle prossime elezioni, soprattutto all’estero.

 

Ma il sistema del voto per corrispondenza da parte dei nostri connazionali può essere modificato per garantire maggiore trasparenza e correttezza? E come?

Sono convinto che, anche alla luce della mia vicenda, sia urgente e improrogabile la necessità di introdurre alcuni correttivi che rendano il voto per corrispondenza più sicuro e trasparente.  Le schede elettorali, per esempio, andrebbero stampate in Italia e non in diverse tipografie estere; anche lo scrutinio, oggi concentrato presso la sede della Protezione Civile a Castelnuovo di Porto, andrebbe reso più ordinato e controllato suddividendolo in almeno quattro sedi diverse (quante sono le ripartizioni consolari estere). Credo anche che le tutte buste contenenti le schede andrebbero corredate da codice a barre e che quest’ultimo, a differenza di quanto accaduto nelle scorse elezioni, andrebbe utilizzato per tracciare il percorso del plico elettorale; tutte le buste andrebbero inviate tramite posta certificata con ricevuta di ritorno e, infine, i carabinieri insieme ai funzionari consolari dovrebbero presidiare anche gli uffici postali dove esiste la maggiore concentrazione di schede elettorali. Ma si può intervenire anche in altri modi, per esempio introducendo collegi uninominali o eliminando le preferenze che all’estero spesso hanno favorito questo tipo di fenomeni. Infine non escluderei per il futuro una verifica delle condizioni di votare in altre forme e non necessariamente per il voto per corrispondenza, salvaguardando l’universalità della partecipazione e la segretezza del voto.

Lei ora rilancerà in Senato la sua iniziativa per dare risalto e importanza alla comunità italiana che vive in America Latina e che non ha mai reciso i suoi legami con l’Italia. In particolare a cosa sta pensando?

La collettività italiana che vive in America Latina è la più grande al mondo, se consideriamo i quasi sessanta milioni di italo-discendenti che vivono in quel continente; in Paesi come l’Argentina, il Brasile, Uruguay o Venezuela la popolazione di origine italiana è radicata in maniera estesissima tanto dal punto di vista quantitativo che qualitativo nel tessuto sociale ed economico nazionale. Un patrimonio enorme di conoscenze e contatti che spesso è la spina dorsale di quelle società; una risorsa straordinaria che non sempre siamo riusciti a utilizzare in maniera intelligente e lungimirante.   Credo che questa grande collettività meriti più attenzione e alcuni investimenti mirati. Agli italiani con passaporto (oggi quasi due milioni) vanno garantiti servizi consolari adeguati ed efficienti, utilizzando meglio risorse economiche ed umane che anche grazie al lavoro fatto nelle passate legislature ho contribuito a rendere permanenti. A tutta la grande comunità ‘italica’ va invece dedicato un grande progetto di promozione della lingua e cultura italiana, moltiplicando al contempo scambi e borse di studio destinati a scuole e università. A corollario di tutto ciò occorre agire con tutto il sistema Italia e la nostra ‘business community’ per rilanciare un piano di sostegno alle piccole e medie imprese italo-latinoamericane, in raccordo con un analogo progetto promosso e coordinato dall’Istituto italo-latinoamericano (IILA), anche questo un grande strumento di cooperazione internazionale che merita di essere maggiormente utilizzato. Basta invece con assistenzialismo e clientelismo, terreno fertile per organizzazioni e movimenti che non a caso sono in prima fila quando vengono alla luce episodi oscuri come quelli che i brogli elettorali del 2018 hanno evidenziato.

Senatore lei è stato per lunghi anni un dirigente sindacale di primo piano in Brasile è un dirigente politico socialista molto stimato in Italia e nel mondo. Come vede le nuove sfide con cui si misurano le grandi organizzazioni sindacali e il movimento socialista e progressista mondiale?

Sono orgogliosamente legato alla mia cultura politica democratica e socialista, che nel corso della mia formazione culturale e politica ho sempre coniugato con i valori del cattolicesimo progressista. In Italia, in Europa e nel mondo c’è un grande bisogno, forse oggi più di prima, di orientare le politiche pubbliche a questi valori che ancora oggi hanno dimostrato la loro perenne attualità. Il Covid ci ha messo davanti a una realtà drammatica dalla quale, come ci ricorda Papa Francesco, non si esce da soli ma insieme.   Anche in Brasile e Sudamerica abbiamo assistito negli ultimi anni ad una pericolosa deriva neo-autoritaria alla quale si può rispondere soltanto rilanciando i valori della democrazia e della giustizia sociale. E’ questo il socialismo al quale ho sempre creduto; quello, per ricordare proprio in questi giorni le parole e il pensiero di un grande socialista Presidente della Repubblica, secondo il quale non ci sarà mai una piena libertà senza la giustizia sociale!

Grazie senatore tantissimi auguri per il suo lavoro e per la imminente impresa di eleggere il nuovo capo dello Stato.

Di Gianni Pittella

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