No alle chiusure di Consolati e Istituti di Cultura. Si alla ripresa del lavoro sulla ‘spending review’, con azioni mirate all’ottimizzazione della spesa, alla riduzione degli sprechi e a nuove entrate per rafforzare la rete e i servizi consolari.

L’intervento dell’On. Fabio Porta (PD) nel corso della nuova audizione del Vice Ministro Dassù alle Commissioni Esteri riunite sul riorientamento della rete diplomatico-consolare.

Pur dando atto al Governo di uno sforzo di dialogo costruttivo con i vari livelli di rappresentanza delle nostre collettività all’estero, come anche di aver soprasseduto a decisioni sbagliate già da noi denunciate, come nel caso di Adelaide e Brisbane e dei consolati  delle Americhe,  dobbiamo ribadire le nostre serie perplessità in merito ad alcuni punti della politica di ‘riorientamento’ intrapresa dal Ministero degli Esteri.

Non è chiara la reale entità del risparmio che deriverebbe dalle annunciate chiusure, presumibilmente poca cosa rispetto all’entità dello sforzo intrapreso. Non sono chiari quali servizi consolari rimarranno attivi per i nostri connazionali in caso di chiusure, dal momento che esperimenti come quello del “consolato digitale”, del “consolato itinerante”  o del “call center informativi” non sembrano avere dato prove adeguate di funzionalità ed efficienza.

Incerti e contraddittori, in realtà, sembrano gli stessi criteri che sovrintendono a queste scelte.

Mi riferisco in particolare al caso degli Istituti di Cultura, chiusi più per rispondere ad una logica numerica che ad un criterio di riduzione e ottimizzazione della spesa.

Normalmente infatti, il risparmio ottenuto dalla chiusura di un Istituto di Cultura è di gran lunga inferiore agli introiti che quello stesso istituto è capace di ottenere. Un Paese come l’Italia, leader nel mondo sul piano culturale e capace di contare all’estero su una collettività quantitativamente estesa e qualitativamente significativa, dovrebbe in questo campo investire di più e non continuare a ‘tagliare’. Piuttosto si pensi ad una riforma organica degli Istituti di cultura italiani all’estero e del sistema di promozione della lingua e cultura italiana nel mondo, non più rinviabile. Non è quindi possibile continuare a seguire passivamente il principio del taglio della spesa in proporzione alla progressiva e grave riduzione delle risorse che l’Italia impegna per la sua proiezione internazionale.

Per arrivare a questo occorre agire contemporaneamente sul fronte della spesa e su quello delle entrate. Sono ancora possibili margini di riduzione degli sprechi, anche attraverso una seria e necessaria riforma dell’ISE, così come è possibile gestire più oculatamente il patrimonio immobiliare all’estero.

Va intrapresa, poi, un’azione coraggiosa, innovativa e creativa per acquisire nuove entrate in grado di mantenere e rafforzare la nostra rete consolare nel mondo. Da tempo mi sono convinto che sia necessario intervenire sull’istituto delle cosiddette “percezioni consolari”, vale a dire sui soldi che entrano ogni giorno presso ciascun consolato in ragione dei servizi erogati. Si potrebbero inoltre introdurre specifici contributi in grado di generare risorse da destinare al miglioramento dell’efficienza  amministrativa dei consolati. In questo modo si creerebbe un rapporto virtuoso tra la presenza delle nostre grandi collettività all’estero e il rafforzamento dei servizi consolari.

In conclusione, ciò che si chiede al governo è di non insistere con le chiusure delle strutture decentrate all’estero, mentre sarebbe necessario riaprire un “tavolo politico” che – all’insegna dei veri princìpi della ‘spending review’ – sia in grado di orientare una grande riforma del MAE e del complesso della presenza dell’Italia nel mondo.

Piacere e condividere!