Incontriamo Fabio Porta, parlamentare italiano eletto nella circoscrizione America Latina. Recentemente è stato anche eletto a Roma dagli italo latinoamericani Presidente dell’Associazione di amicizia Italia-America Latina. Secondo un’indagine compiuta dall’autorevole giornale Gente d’Italia, quotidiano d’informazione indipendente pubblicato in Uruguay ma rivolto agli italiani nel mondo, Fabio Porta che milita nel PD è il parlamentare che nell’ultimo anno ha presentato il maggior numero di proposte di legge e interrogazioni: in concreto sono state 7 le proposte di legge ch portano il suo nome come primo firmatario alle quali vanno aggiunte 30 interrogazioni, nonché un’intensa attività di sostegno pubblico all’editoria italiana all’estero. Cerchiamo allora di affrontare con lui alcune delle problematiche che interessano i nostri connazionali residenti all’estero.
Recentemente lei ha presentato un’interrogazione sul fallimento della tassa del 7 per i pensionati riservato a coloro che decidono di trasferire la propria residenza in Italia in uno dei comuni appartenenti al territorio delle Regioni Sicilia, Calabria, Campania, Basilicata, Abruzzo, Molise e Puglia, con popolazione non superiore a 20.000 abitanti o in uno dei comuni con popolazione non superiore ai 3.000 abitanti rientranti nelle zone colpite da alcuni eventi sismici. Dove sta il problema?
Ho interrogato il Ministro dell’Economia e delle Finanze per capire perché è praticamente fallita – almeno fino ad ora – la normativa che ha introdotto il regime di imposta sostitutiva al 7% (su tutti i redditi conseguiti all’estero) a favore dei titolari di pensione estera, anche in convenzione internazionale, i quali trasferiscono la loro residenza fiscale in un comune del Mezzogiorno. Infatti dai dati recentemente forniti dallo stesso Ministero abbiamo appreso che nei primi tre anni (dal 2019 al 2021) dall’entrata in vigore della legge hanno usufruito della tassazione sostitutiva solo 506 soggetti e ciò fa presumere che anche negli ultimi due anni siano stati pochi i soggetti pensionati che hanno trasferito la residenza fiscale nel Mezzogiorno nel contesto di tale normativa.
Con la mia interrogazione ho chiesto al Governo se non si ritenga necessario ed utile, per informare e sensibilizzare i nostri connazionali pensionati residenti all’estero, predisporre una campagna divulgativa ed esplicativa in tutti i Paesi di emigrazione italiana per fornire ai nostri connazionali informazioni esaustive e pratiche su quali siano i benefici diretti e indiretti della norma al fine di raggiungere gli obiettivi prefissati dalla stessa.
Un’altra questione da lui sollevata riguarda la questione ‘opzione donna’. Dove sta il problema?
La Legge di Bilancio per il 2024 proroga, con alcune modifiche, il pensionamento anticipato per le donne denominato “Opzione donna” che consente l’accesso al trattamento pensionistico anticipato, calcolato secondo le regole del sistema contributivo, alle lavoratrici che abbiano maturato entro il 31 dicembre 2023 un’anzianità contributiva pari almeno a 35 anni e che abbiano, alla medesima data, un’età anagrafica di almeno 61 anni (ridotta di un anno per ogni figlio e nel limite massimo di due anni). Tale prestazione in virtù delle Convenzioni internazionali (bilaterali e multilaterali) stipulate dall’Italia può essere richiesta anche dalle donne italiane residenti all’estero, le quali intendano usufruire dell’anticipo pensionistico calcolato con il metodo contributivo.
Tuttavia, il problema (non indifferente) per le nostre emigrate è quello di dover e poter dimostrare di soddisfare i requisiti particolari e molto restrittivi richiesti dalla normativa che attualmente disciplina il diritto ad “Opzione donna”. Infatti, oltre ai requisiti anagrafici e contributivi, la potenziale avente diritto deve anche essere in possesso, alternativamente, di uno dei seguenti requisiti: 1) aver assistito da almeno sei mesi il coniuge o un parente di primo grado o secondo grado in situazioni particolari di handicap; 2) avere una riduzione della capacità lavorativa uguale o superiore al 74% (accertata dalle competenti commissioni per il riconoscimento dell’invalidità civile); 3) essere lavoratrici licenziate o dipendenti da imprese per le quali è attivo un tavolo di confronto per la gestione della crisi aziendale. “Come appare evidente si tratta di requisiti di particolare e complessa dimostrabilità per le italiane residenti all’estero. Per questa ragione abbiamo interrogato il Ministro del Lavoro per chiedere di dare indicazioni amministrative e procedurali all’INPS al fine di precisare e illustrare, tramite messaggi o circolari, come possano essere soddisfatti dalle lavoratrici italiane residenti all’estero (oltre ai requisiti anagrafici e contributivi) i particolari requisiti – circoscritti a determinate categorie di beneficiari – richiesti dalla normativa che disciplina “Opzione donna”-
Lei si è occupato anche del Canone Rai. In questo caso cosa c’entrano gli italiani all’estero?
Con la Legge di Bilancio per il 2024 il Canone RAI passa a partire dall’anno prossimo da 90 a 70 euro ma si tratta comunque di una tassa ingiusta per gli italiani proprietari di casa in Italia i quali risiedono all’estero. L’esenzione totale dal pagamento del Canone Rai è una richiesta annosa, molto sentita dal mondo della nostra emigrazione e che ha una sua logica stringente. Nella maggioranza dei casi i residenti all’estero proprietari di immobili in Italia se e quando tornano in Italia rimangono solo per brevi periodi ma essendo titolari di utenze elettriche attive sono tenuti a pagare il Canone RAI anche se non usufruiscono delle trasmissioni televisive e anche se i loro immobili non sono luoghi adibiti a residenza o dimora come invece previsto dalla normativa.
Continuerò a proporre di esonerare dal pagamento del canone di abbonamento alla RAI i nostri connazionali residenti all’estero e iscritti all’AIRE (o comunque prevedere una riduzione del canone) per ovvie ragioni di equità tributaria e a patto che gli immobili posseduti in Italia non siano locati o dati in comodato d’uso.