Gli interventi sulle pensioni previsti dalla Legge di Bilancio per il 2024 non avranno importanti ripercussioni sui diritti previdenziali dei nostri connazionali all’estero. Anzi, gli effetti delle misure introdotte – a meno che le misure annunciate non saranno modificate nel corso dell’iter parlamentare del disegno di legge – saranno quasi irrilevanti. Ma vediamo nei dettagli.
Innanzitutto va rilevato che per quasi tutti i pro-rata in convenzione internazionale – che solitamente sono di importi medio-bassi – ci sarà un adeguamento pieno all’inflazione (per le pensioni fino a 4 volte il minimo, e cioè fino ai 2.000 euro). Le pensioni di importo superiore saranno invece rivalutate in maniera decrescente fino ad una indicizzazione del solo 22% per i trattamenti superiori a 10 volte il minimo.
Viene abolita “Quota 103” che scade quest’anno e introdotta “Quota 104”: si tratta di una serie di penalizzazioni per la pensione anticipata che passa da 62 a 63 anni di età e 41 anni di contributi, subisce inoltre una riduzione dell’importo relativo alla parte retributiva (contributi versati prima del 1996) e infine subisce un allungamento della durata delle finestre di uscita da tre a sei mesi (settore privato) e da sei a nove mesi (settore pubblico).
I 41 anni di anzianità contributiva richiesti per “Quota 104” sono perfezionabili con il meccanismo della totalizzazione in regime convenzionale ma l’accesso alla pensione anticipata richiede la cessazione dell’attività lavorativa anche all’estero.
Viene confermata “Opzione donna”, la pensione anticipata con calcolo contributivo per le donne (35 anni di contributi ottenuti anche tramite la totalizzazione in regime convenzionale entro il 2023 e almeno 61 anni di età), che teoricamente potrebbe essere richiesta anche dalle donne residenti all’estero ma in realtà non è così perché restano le restrizioni previste nel 2023 (erogata solo alle caregiver, alle lavoratrici con invalidità almeno al 74%, alle licenziate o dipendenti di aziende in crisi, tutte condizioni difficilmente dimostrabili dalle donne residenti all’estero considerato anche che Ministero del Lavoro e Inps non hanno mai emanato circolari attuative e esplicative in questa materia).
Confermata anche l’Ape sociale per il 2024: i disoccupati, le persone con invalidità almeno del 74%, i lavoratori impegnati in attività gravose e i lavoratori che assistono persone con handicap in situazione di gravità potranno accedere allo strumento con almeno 63 anni e cinque mesi di età. Tuttavia l’Ape sociale è una indennità considerata assistenziale e quindi, come l’Assegno sociale, è subordinata alla residenza in Italia e quindi non erogabile o esportabile all’estero.
Per i lavoratori invece che hanno cominciato a versare contributi dal 1996, e sono quindi interamente nel sistema contibutivo – tra questi molti connazionali che sono emigrati recentemente e che in futuro potrebbero quindi usufruire del meccanismo della totalizzazione – sale l’importo minimo maturato necessario per accedere alla pensione 3 anni prima dell’età di vecchiaia. La soglia, con almeno 20 anni di contributi versati, sale da 2,8 a 3,3 volte l’assegno sociale. Salta invece il limite di 1,5 volte l’assegno sociale per l’accesso alla pensione a 67 anni una volta raggiunti i 20 anni di contributi, anche con la totalizzazione. Basterà avere raggiunto l’importo dell’assegno sociale (503,27 euro nel 2023). Si tratta ovviamente di lavoratori che andranno in pensione in un futuro non prossimo.
Infine, giova ricordare che rimangono per ora invariati i requisiti per la pensione di vecchiaia e cioè 67 anni di età per uomini e donne e 20 anni di contributi, e per la pensione anticipata (ex anzianità) con 41 anni e 10 mesi di contributi per le donne e 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini.
Fonte: Ufficio Stampa On. Fabio Porta