Sulle chiusure dei consolati cambiare subito strada

Appello dei deputati PD Estero al nuovo Ministro degli Esteri.

Se la politica d’eliminazione degli interventi per gli italiani all’estero non andasse avanti con sistematica determinazione dall’inizio della legislatura, per la recente delibera di chiusura di altre 18 strutture consolari, adottata dal Consiglio di Amministrazione del MAE, si potrebbero richiamare i momenti di transizione di regime, adatti ai colpi di mano e alle vendette a lungo covate.

Il MAE, tanto per non perdere la rotta della politica segnata dal governo Berlusconi in questo campo, ha praticamente raddoppiato le chiusure di sedi consolari, nonostante la moratoria di un anno concordata a maggio tra governo e gruppi parlamentari. La parte del leone tocca all’Europa con 9 consolati chiusi (Scutari, Spalato, Tolosa, Wolfsburg, Amsterdam, Capodistria, Neuchatel, Sion, Wettingen e uno declassato Timisoara), ma non mancano le attenzioni per altri continenti, come l’Australia (Adelaide, Brisbane), l’Africa (Alessandria d’Egitto), il Nord America (Newark). Cade la maschera anche sugli sportelli consolari, creati in alternativa a consolati in chiusura, che vengono a loro volta cancellati (Innsbruck, Chambery, Digione, Grenoble).

Sono ormai quasi risibili le intenzioni che vengono offerte a condimento della polpetta avvelenata, come quella dell’attivazione di rivoluzionarie piattaforme informatiche, di nuovi consolati di tipo “hub”, della valorizzazione dei consoli onorari e dei corrispondenti consolari, le cui dotazioni finanziarie vengono contemporaneamente abbattute del 60%. Ed è preoccupante che il criterio dello “spending rewiew”, suggerito in sede parlamentare in alternativa alla linea nefasta dei tagli lineari, diventi pretesto di nuovi e indiscriminati tagli, quando dovrebbe essere invece uno stimolo ad ottimizzare la spesa. Tirando le somme, con un colpo solo altri 150.000 nostri connazionali vengono privati di strumenti “di prossimità”, in parole povere di servizi.

Abbiamo propiziato e votato con convinzione il nuovo esecutivo, con la speranza di potere riaprire un dialogo che, pur in un momento drammatico come questo, sia capace di rimettere al centro i problemi reali dell’Italia e delle nostre comunità all’estero. Abbiamo il dovere, tuttavia, di essere chiari nei confronti di tutti. La politica del precedente Governo è stata disastrosa per gli italiani all’estero e per l’internazionalizzazione dell’Italia. Persistere su questa strada sarebbe inaccettabile anche nel nuovo contesto politico che si è determinato. Sarebbe ingiusto per i milioni di cittadini che vivono all’estero e dannoso per il nostro paese, che per riprendersi ha bisogno del sostegno delle nostre comunità nel mondo.

E’ necessario, dunque, avviare un nuovo metodo di lavoro che sia di dialogo tra il Governo e il Parlamento, ma che sia di dialogo anche tra le comunità e le istituzioni italiane. Il primo segno di un mutamento di clima potrebbe essere proprio la riapertura della discussione sull’ultimo piano di “razionalizzazione” della rete consolare, che rischia di produrre, come il precedente, pochi risparmi e molti danni.

Bucchino, Farina, Fedi, Garavini, Narducci, Porta

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