Una politica ‘contro‘

Perché la politica non è più il luogo del dialogo ma quello dello scontro

Ormai è un fatto consolidato: in tutto il mondo il dibattito politico è caratterizzato da una generale tendenza alla polarizzazione e radicalizzazione del confronto tra le diverse fazioni in campo, con una forte accentuazione verso gli estremi ed una riduzione progressiva degli spazi di equilibrio e mediazione rappresentati dai partiti di centro (o centrosinistra e centro-destra). Qualche settimana fa ho incontrato il sindaco di una importante città dell’Argentina, che mi colpì per questa sua affermazione: “Oggi in politica essere per il dialogo e la mediazione è diventato sinonimo di incapacità e debolezza; a prevalere sono coloro che urlano contro l’avversario, spesso incitando all’odio e alla delegittimazione del concorrente”. Una tendenza che, con tutte le variazioni e distinzioni del caso, possiamo riscontrare anche in Brasile e per certi versi nella stessa Italia, anche con riferimento ai quasi paralleli processi elettorali di questi mesi.

Cosa c’è all’origine di quella che possiamo anche definire una deriva della politica, che sempre meno è l’arte di governare la “Polis” e sempre più il ring dove si contrappongono idee e valori spesso inconciliabili tra di loro? Secondo la maggior parte degli osservatori la principale causa risiederebbe nella graduale e sempre più forte semplificazione del dibattito politico causata dall’irruzione sulla scena dei cosiddetti social media: Facebook e Whatsapp, in particolare, sono diventati strumenti per lo scambio di attacchi e la moltiplicazione di slogan e insulti, spesso a base di Fake News costruite ad arte. In questi social vince chi la spara più grossa, chi urla più forte; sono loro il maggior numero di likes. Il primo a cogliere questa tendenza fu forse proprio lo scrittore, filosofo e semiologo italiano Umberto Eco, con la famosa metafora del vecchio bar di paese, dove alle affermazioni strampalate e fuori luogo di qualcuno si rispondeva con un bonario scappellotto per farlo tacere riportandolo alla realtà; oggi invece, sosteneva Eco, la “rete” mette chiunque in condizione di sparare qualsiasi sentenza o giudizio, al di fuori di qualsiasi contraddittorio e spesso in assenza di riscontri di carattere oggettivo rispetto ad accuse e affermazioni.

Per chi, come me, ha coltivato fin da ragazzo una sana passione per la politica e per l’arte dell’incontro e del dialogo, rispettando gli avversari e le tesi contrapposte alle proprie, è sempre più difficile accettare questo continuo ‘derby’ calcistico tra Palmeiras e Corinthians, Fluminense e Flamengo. No, la politica non può basarsi sulla delegittimazione dell’avversario e la costruzione di una realtà parallela a sostegno delle tesi di una parte contro l’altra; il sale della democrazia è costituito dal rispetto dell’avversario politico e dal continuo e faticoso confronto tra posizioni a volte apparentemente inconciliabili, alla ricerca di punti di equilibrio e mediazione. Fuori da tutto ciò c’è la dittatura, o la sua anticamera, la democratura, come anche dalle colonne di questa rivista abbiamo voluto definire i regimi di alcuni Paesi, democratici formalmente ma sostanzialmente autoritari.

La politica non può basarsi sulla delegittimazione dell’avversario, ma sul dialogo e sul rispetto

Il rimedio a tale piano inclinato, che ci porterebbe inevitabilmente verso uno scontro che dalla politica si trasferirebbe al piano sociale se non addirittura amicale e familiare, è dato dalla riscoperta dei valori fondanti della convivenza pacifica e quindi della democrazia. Quando qualche anno fa a San Paolo abbiamo dati vita con alcuni amici ad una scuola di formazione politica, ribattezzata non a caso “POLIS”, lo abbiamo fatto proprio con questo spirito e questa finalità: restituire alla politica la sua centralità riportandola al significato originale di luogo di confronto e dibattito, anche se acceso, tra posizioni diverse e in alcuni casi opposte; all’insegna della tolleranza e del rispetto, contro ogni forma di negazionismo e delegittimazione. Nonostante ciò, il mio tradizionale ottimismo mi fa pensare che dopo l’ubriacatura populista e demagogica degli ultimi anni, la politica tornerà a rispondere con saggezza ed equilibrio alle istanze dei cittadini, rispondendo alla sua finalità che è poi quella di costruire il bene comune.

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