Voto in Sudamerica – Fabio Porta: Brogli veri e falsi, poche le schede contestate – Poche le schede contestate – Difficile l’istituzione di un ministero per gli italiani nel mondo, possibile un vice-ministro degli esteri con deleghe piene e risorse sufficienti – Intervista esclusiva al sen. Porta –
Tra Brogli, denunce, ricorsi, schede elettorali false, è successo di tutto nel voto degli italiani all’estero in Sudamerica. Ne abbiamo parlato in questa intervista esclusiva con il senatore Fabio Porta, al centro di questa vicenda.
Sen. Porta, senatore ancora per poco tempo perché ormai prossimo ad essere ufficializzato a un nuovo seggio di parlamentare, ma questa volta della Camera dei Deputati.
Lei è stato l’unico tra i molti candidati politici non eletti, nella penultima consultazione elettorale del 2018, ad aver presentato un ricorso contro i brogli di un suo concorrente, allora eletto illegalmente, e ad averlo vinto, dopo quattro anni di sofferenze legali per ottenere giustizia, venendo finalmente immesso nel posto rubatole in Senato.
Nel parlarci delle sue passate, lunghe vicissitudini giudiziarie, sembrerebbe utile che, forte della sua esperienza, rispondendo in dettaglio alle nostre domande, in particolare sul così sentito ed attuale tema del “ricorso” giudiziale da presentare alle diverse autorità a cui rivolgersi in tema di ventilati brogli elettorali commessi, possa informare ed aiutare con le sue risposte i suoi colleghi candidati politici.
Ci riferiamo a quelli non eletti in questa ultima consultazione, che lamentano brogli, analoghi a quelli subiti da lei, ai quali consigliare i più opportuni passi legali da seguire per provare ad ottenere giustizia ed il tanto agognato posto di parlamentare.
Prima, però, iniziamo chiedendole maggiori chiarimenti sui raggiri elettorali perpetrati in questa recentissima, ultima campagna elettorale sul voto degli emigrati italiani residenti all’estero.
-D.: Un suo concorrente non eletto, in una sua intervista giornalistica di pochi giorni fa, annunciando il suo ricorso per brogli, segnalava espressamente: “Tutti i partiti hanno avuto pressoché gli stessi voti, solo la coalizione di centro-destra ha avuto addirittura 12.000 voti in meno alla Camera, una differenza inspiegabile perché chi vota centro-destra per un senatore, lo fa anche per un deputato». Può chiarirci meglio quanto affermato, in particolare la consistenza e la metodica di questi raggiri?
-R.: Non è la prima volta che tra Camera e Senato si verificano lievi discrepanze in termini di voto; ciò è causato, soprattutto all’estero, dal voto di preferenza e dalla rilevanza di alcune candidature. Nel caso dell’America Meridionale, stiamo parlando di una differenza di circa 5mila voti tra Camera e Senato da parte del centro-destra (su 80mila voti); la differenza dei voti per noi del PD è ancora maggiore, trattandosi di oltre seimila voti di differenza tra quelli ottenuti dal nostro partito nelle due Camere. La presenza di candidature forti, come quella di Fittipaldi per il centro-destra o di Matarazzo per il PD, spiegano questo lieve dislivello tra Camera e Senato. Stiamo parlando di un differenziale che si aggira intorno all’uno per cento e, quindi, da considerare più che fisiologico. Io stesso ho ricevuto più di un messaggio di elettori che dichiaravano di avere utilizzato il cosiddetto voto ‘disgiunto’. Ripeto: si tratta di un margine più che normale, non di un indicatore di brogli.
Per essere seri nella lotta ai brogli dobbiamo essere altrettanto attenti ed accorti a non urlare “al broglio, al broglio!”, di fronte a qualsiasi episodio di apparente raggiro e, in particolare, a qualsiasi possibile sconfitta elettorale.
-D.: Si aggiunge inoltre, sempre da parte dei non eletti, la considerazione che la differenza in termini di voti tra il partito al primo posto nella graduatoria elettorale ed il terzo, sia di solo dello 0,30%, e che tale dato, pertanto, da solo giustificherebbe un ricorso giudiziale. È così?
-R.: In una consultazione elettorale siamo sempre dinanzi a lievi scarti tra partiti o candidati. Avviene in tutte le elezioni e se ogni candidato che perde per un lieve margine di voti dovesse fare ricorso, le Giunte per le elezioni di Camera e Senato sarebbero intasate e difficilmente riuscirebbero ad evaderli entro la legislatura. Ciò non vuol dire che tale diritto non debba essere garantito al candidato, ci mancherebbe.
Il sottoscritto è l’esempio vivente del successo di tale procedura, ma anche della sua lentezza e dei suoi costi eccessivi (e non solo economici). Voglio solo ricordare che dal 2006 le elezioni all’estero sono state decise per pochi voti; ricordo la vittoria del Senatore Pollastri, con un margine di soli trecento voti sulla seconda della lista o anche eletti in questa elezione per soli cinquanta voti di differenza. Ossia: una differenza di oltre mille e duecento voti non giustifica affatto da sola la presentazione di un ricorso. Senza le centinaia di perizie calligrafiche e chimiche autorizzate dalla Procura della Repubblica di Roma e senza un rapporto statistico redatto da un luminare in questo campo, per esempio, non sarei mai riuscito a dimostrare il broglio colossale che mi ha riguardato nel 2018. Se i ricorsi e le denunce non sono suffragati da elementi probatori contundenti, vengono dichiarati inammissibili.
D.: Un’altra contestazione riguarda la grande quantità di voti annullati, che in Sudamerica sarebbero oltre sessantamila. Secondo una delle liste, nello scrutinio della Fiera di Roma (quello della ripartizione America Meridionale), l’alto numero di schede nulle avrebbe favorito alcuni partiti rispetto ad altri. Che ne pensa?
R.: Anche qui siamo di fronte ad una strana deformazione della realtà. Mi spiego. In tutti gli scrutini della Circoscrizione Estero, e non soltanto quest’anno, la percentuale di schede annullate è sempre stata molto alta e ciò in ragione, sia della tipologia dell’elettore, sia del complesso sistema di voto per corrispondenza (per esempio, molti continuano a inserire erroneamente il tagliando all’interno della busta contenente le due schede elettorali). La percentuale dei voti nulli in Sudamerica è di poco superiore al tredici per cento, esattamente in linea con quella della Ripartizione Centro e Nord America e parecchio al di sotto di quella Asia, Africa e Oceania, che rasenta il diciotto per cento. Quindi nessuna cifra abnorme ed eccessiva. Le schede contestate, poi, sono inferiori al migliaio, quindi non in grado di incidere in alcun caso sul risultato finale.
-D.: Si indica ulteriormente, poi, sempre da parte dei possibili ricorrenti, con riferimento ai ventilati brogli, che trattasi di “una truffa con schede scannerizzate, con lo stesso voto di chi poi ha ottenuto più voti”. Che significa e di che tipo di frode si tratta?
-R.: Le ‘truffe seriali’, quelle caratterizzate dall’esistenza di migliaia di schede elettorali compilate dalle stesse mani, si sono ripetute quasi certamente anche in questa occasione. Mi risulta che in tantissime sezioni elettorali siano stati annullati voti, espressi palesemente dalle stesse mani, con identiche calligrafie che si ripetevano in maniera sistematica. È proprio questo il tipo di meccanismo adoperato, lo stesso che io ho denunciato nel 2018 e che è stato alla base dell’annullamento delle schede dell’USEI che avevano consentito l’elezione del Senatore Cario.
-D.: Vengono chieste, inoltre, su tali raggiri perpetrati nella recente tornata elettorale, ulteriori approfondite verifiche, motivando il fatto che l’Argentina è stato l’unico paese in cui l’affluenza alle urne è aumentata, mentre in Brasile ed in tutti gli altri paesi è diminuita. Ritiene fondate queste motivazioni e opportuni tali controlli aggiuntivi?
-R.: L’indice di partecipazione al voto è sicuramente uno dei principali indizi della possibile presenza di voti sospetti. Ovviamente si tratta soltanto di un indicatore, che va incrociato con altri elementi in grado di provare che dietro alcune percentuali non ci sia unicamente un sussulto di partecipazione democratica, ma anche la possibile esistenza di schede inserite in maniera arbitraria e illegale.
Nel 2018 la percentuale dei votanti nella circoscrizione elettorale di Buenos Aires fu altissima e non a caso tale anomalia coincideva con l’esistenza in una trentina di sezioni elettorali, tutte con percentuali di voti altrettanto abnormi, tutti a favore di due unici candidati e di un unico partito.
-D.: Ulteriore richiesta, da parte dei candidati non eletti, il riconteggio dei voti annullati, ben 60.000 in Sud America, con la motivazione, sempre secondo i ricorrenti, che “non avevano la X nella pallina del logo”. Ci può precisare meglio il significato ed il fondamento di questa istanza?
-R.: Non ho riscontri su questo punto e credo che la maggior parte dei voti annullati in Sudamerica siano riconducibili a quelle schede con la dicitura “DIPUTADI” che, ovviamente, evidenziavano una chiara provenienza illecita.
Come in Italia, anche nelle sezioni estere, il Presidente della sezione elettorale deve considerare, al momento della contestazione di un voto, la fedeltà dell’intenzione dell’elettore in relazione al partito ed al candidato. A questo proposito, comunque, mi sembra corretto osservare il dato di come il numero delle schede contestate sia esiguo, in quanto meno dello 0,2%.
-D.: Passiamo ora, dopo la sua passata esperienza delle antecedenti elezioni, mediante le sue risposte, a fornire un aiuto ai candidati non eletti nella presentazione dei loro ricorsi. A quali autorità pubbliche tali istanze vanno presentate, quali argomentazioni in particolare tra le tante è opportuno addurre in tale atto formale e quale la tempistica per formalizzarle?
-R.: Nel caso che mi ha riguardato, relativo alle elezioni del 2018, ho presentato un ricorso alla Giunta per le elezioni del Senato ed un esposto alla Procura della Repubblica di Roma. Insieme ad un altro candidato del PD alla Camera, Alberto Becchi, presentammo poi, in aggiunta, un’analoga denuncia in Argentina.
Ho anche presentato, successivamente, al TAR e al Consiglio di Stato, due ulteriori ricorsi per sollecitare la pubblica amministrazione a consegnarmi le schede elettorali per poter dare seguito al mio ricorso, nelle more della decisione del Senato. Mi sono affidato per far ciò a due ottimi avvocati, un penalista ed un amministrativista, che hanno seguito, per quasi quattro anni e in maniera continuativa ed incessante, le complesse procedure ed i difficili passaggi di tutte le fasi attinenti al “ricorso” presentato.
-D.: Nei quattro anni addietro, afflitti dalle vicissitudini giudiziarie relative al suo ricorso contro i brogli elettorali perpetrati da terzi, ci risulta che non abbia mai ricevuto il minimo conforto ed una sia pur minima attestazione partecipativa in termini di cortesia, di condivisione e di supporto nell’azione intrapresa, da parte non solo di nessuno dei concorrenti candidati con lei alla tornata elettorale, ma anche da parte di politici e media. Ritiene che la mancanza di ausilio e di appoggio, da parte di tutti gli addetti ai lavori, della politica e non, risulteranno ancora una costante ed ancora caratterizzanti le azioni che verranno intraprese dagli attuali candidati “silurati” in veste di ricorrenti?
-R.: Non lo so. So soltanto che non è facile per nessuno affrontare quattro anni di ricorsi e denunce su questi temi, anche perché la giustizia ordinaria e quella amministrativa si intrecciano con una tempistica che non è sempre coerente con la rilevanza dei gravissimi fatti che sono oggetto di queste azioni. Vedo oggi, con stupore e disappunto come, partiti e movimenti che negli anni scorsi furono silenti di fronte alla mia iniziativa, remando in alcuni casi addirittura in senso contrario alla mia richiesta di giustizia, siano oggi in prima linea nella denuncia di brogli e di irregolarità. Spero e mi auguro che metteranno la stessa energia, quella adoperata in questa circostanza, anche nella futura richiesta di una modifica dell’attuale legge elettorale ed in particolare di quella parte della legge che disciplina il sistema di voto per corrispondenza dei nostri emigranti residenti all’estero.
-D.: Quanto ha speso di tasca sua nei quattro anni di ricorso?
-R.: Tanto, senza dubbio, anche se non sono in grado ancora di fornire al riguardo una cifra definitiva. Confesso che non ho ancora finito di pagare i miei avvocati, legali che sento di ringraziare di cuore non solo per questo ritardo, ma anche per l’attenzione, la comprensione e la pazienza che hanno avuto e continuano ad avere nei miei confronti.
-D.: Ci tolga una curiosità. Vinto il ricorso ed entrato finalmente al Senato ha ottenuto il rimborso di tutti gli stipendi di parlamentare non ricevuti ed erogati invece al suo poco onesto concorrente? Il Senato ha recuperato i soldi percepiti illegalmente dal senatore espulso e quali le azioni giudiziarie penali intraprese nei confronti del senatore truffaldino estromesso?
-R.: Due risposte semplici: NO e NO! Per quanto mi concerne, non ho ricevuto la ben minima somma di danaro dal Senato per i quattro anni che mi sono stati negati a causa dell’elezione del senatore illegittimo. E, a quanto mi consta, il Senato non ha recuperato nemmeno un euro di quanto ha dovuto pagare per stipendi, indennità ed accantonamenti di pensione dal senatore successivamente espulso.
-D.: La motivazione, alla base della mancata partecipazione di molti candidati a proporre ricorso contro i brogli, sta soprattutto nell’elevato importo di danaro da dover sborsare per i due tipi di giudizio da intraprendere, quello ordinario e quello amministrativo. Spese per il ricorso che il partito di appartenenza, per lo più con assurdi pretesti, evita immotivatamente e poco elegantemente di accollarsi.
Ma se il non volersi assumere gli oneri dei costi del ricorso elettorale contro i brogli verificatisi è comprensibile per i candidati di nuova nomina, non lo è invece per quelli, già parlamentari ed in attesa di riconferma, con i loro consistenti emolumenti di membri del Parlamento già incassati e con l’ulteriore pingue ammontare della pensione per loro accantonata dalle Camere. Ritiene giusto che i partiti dopo aver utilizzato i candidati prescelti per ottenere più voti, se quest’ultimi versano in difficoltà economiche, non vogliano aiutarli? Che ne pensa?
-R.: Ogni partito agisce in maniera diversa, immagino, ma alla fine però si trova sempre davanti allo stesso problema che non riesce a risolvere, quello dei rimborsi. Forse sarebbe opportuno stipulare una sorta di ‘assicurazione contro i brogli’ che consenta a candidati ed a partiti di tutelarsi per sostenere le eventuali, successive spese legali, relative a fatti illeciti accaduti durante le elezioni.
Preferisco pensare al riguardo, invece, che piuttosto da domani si lavori tutti insieme ad una seria modifica del meccanismo del voto all’estero, per tagliare alla radice qualsiasi ipotesi di riproposizione (almeno non nelle assurde proporzioni viste nelle ultime elezioni) dei brogli, ormai divenuti sistematici, che hanno riguardato le elezioni all’estero, soprattutto nella Circoscrizione Sudamerica.
-D.: Concludiamo con un’ultima domanda. Nell’ultima tornata elettorale, da parte di quasi tutti i partiti politici, nei loro programmi, si è parlato di istituire un secondo Ministero per gli Italiani nel Mondo, questa volta però con portafoglio (il primo fu creato dal governo Berlusconi con l’allora ministro Tremaglia, un Dicastero senza portafoglio, istituzionalizzato infatti solo come Dipartimento della PCM-Presidenza del Consiglio dei Ministri).
Ma, purtroppo, appare chiaro, con la situazione economica italiana del momento, che questo ventilato Ministero non sarà al momento possibile realizzarlo.
Per dare però un segnale di novità e di vicinanza da parte della nostra classe politica ai tanti nostri emigrati votanti fuori Italia, pensa che si tornerà ad istituire un Dipartimento, analogo al precedente, o ritiene in alternativa che si possano adottare altre soluzioni, compatibili con il nostro difficile momento, possibilmente più efficaci?
-R.: Ripeto per i lettori quanto ho già avuto occasione di dire nel corso della campagna elettorale: in primo luogo, che non credo che il centro-destra, considerata la difficile situazione economica del paese, sarà in grado di riuscire a mantenere la promessa di istituire un Ministero per gli Italiani nel Mondo, proposta con molta probabilità utilizzata più come slogan elettorale che come elemento programmatico; in secondo luogo, che ritengo inutile un Ministero per gli Italiani nel Mondo se, come è accaduto in passato, questo Dicastero non avrà deleghe e risorse sufficienti ad esercitare appieno la propria funzione.
Ad un ministero “foglia di fico” preferisco, invece e di gran lunga, un Vice Ministro degli Esteri, con deleghe piene e risorse concrete, in grado di intervenire con efficacia e celerità su tutte le questioni da anni al centro delle preoccupazioni dei nostri connazionali all’estero, tra le prime, il rafforzamento della rete consolare, il miglioramento dei servizi e l’eliminazione delle lunghe attese.
Pier Francesco Corso